“Quando la sua mancanza non mi strazierà più l’anima? Quando il rumore del vuoto che mi ha lasciato dentro sarà meno assordante? Quando la sua voce e l’espressione del suo sguardo non saranno più un marchio indelebile nella mia mente ogni volta che chiudo gli occhi? Come sarebbe la mia vita se lui fosse ancora nella mia? Chi mi proteggerà, consiglierà, condurrà…nella vita? Chi mai potrà più donarmi amore e protezione viscerale, pura, leale, senza nulla pretendere in cambio?
“Vissuti di dolore, disperazione, rabbia sono emozioni normali e funzionali affinchè si inneschi quello che Sigmund Freud definiva “il lavoro mentale del lutto” , fondamentale per elaborare una grave perdita. La persona colpita attraversa quattro fasi: dall’incredulità alla rabbia, alla tristezza e infine all’accettazione. La persona in lutto inizialmente può manifestare, pianto, tristezza, insonnia, inappetenza, dolori gastrici, tachicardia. Il pensiero è incentrato sulla perdita. Possono essere presenti sensi di colpa soprattutto in caso di morte improvvisa. Allucinazioni visive, uditive e tattili, si possono presentare nei primi tempi del lutto: la persona colpita può avere l’impressione di vedere il defunto, di sentirsi chiamare, di avvertirne la “presenza”. Questi fenomeni sono frequenti e non devono allarmare quando si verificano poco dopo la perdita, se però questo quadro persiste per più di sei mesi si parla di lutto complicato: se non si riesce a tornare alle consuete occupazioni, se il ricordo del defunto è dominante e impedisce qualunque forma di vita sociale, se l’umore è costantemente depresso è bene contattare uno psicoterapeuta. La negazione del lutto, come nel caso di una persona che riprende immediatamente le proprie attività e si mostra emotivamente distaccata, rappresenta una seconda forma di reazione non adattiva al lutto, che a distanza di mesi può scaturire in ansia, aggressività o depressione dell’umore. L’elaborazione, soprattutto quando si parla di perdita è fondamentale per la ripresa del proprio equilibrio psichico.